Come un segreto sussurrato a bassa voce, un sito dal fascino unico è incastonato tra le spigolose rocce di Atrani
Di Saveria Fiore, foto di Vito Fusco
L’enigmatica bellezza della Chiesa di Santa Maria del Bando ci viene disvelata grazie alla guida di Giovanni Proto, responsabile del Santuario, che con la sua spontanea vocazione storica disegna il passato di questa zona. Racconta e muove le redini degli eventi come una marionetta che prende vita e proietta la storia nel presente. Ancor più dai suoi silenzi che dalle sue parole si evince l’affezione al suo territorio e, in particolare, la volontà di portare alla luce questo sito ancora piuttosto inesplorato. «È da 21 anni che sono il responsabile di questo luogo sacro e l’ho in cura. All’epoca, nel 1999, fu l’illustre Monsignor Beniamino, arcivescovo di Amalfi e Cava dei Tirreni ad insignirmi di tale carica». Nella chiesa che è qui assorta nel verde, Don Carmine, parroco di Atrani, celebra regolarmente la messa, tenendo vivo il focolaio religioso.
Origine storiche
Già di per se stesso, il percorso che porta fin su, merita l’escursione. Perduti nel verticale drappeggio dei quartieri di Atrani ancora sembra di sentire l’eco del “bando”, che dalla medievale chiesetta sul monte Maggiore si intonava alla popolazione sottostante, ai tempi delle Repubbliche Marinare. Non è un caso se ancora oggi l’attuale Santuario (dal 1944, quando il monsignor Rossini lo dichiaró tale) è conosciuto come Santa Maria del Bando. Le prime attestazioni della struttura risalgono al 1187, e secondo una leggenda sembra sia il voto di un condannato a morte graziato dalla Madonna.
Un percorso in salita
Impettita nella sua sacra veste, Il Santuario, attende i visitatori che percorrano i circa 750 scalini, svincolandosi tra le dedaliche scale atranesi. Il signor Domenico (72 anni), affezionato locale, le ha ormai consumate quelle scale, e ancora le sale come fossero mobili. «Ogni giorno percorro queste scale» – ci dice a passo deciso e senza avere il fiatone – «salgo a curare i giardini sotto il Santuario e tengo impegnate le mie giornate». Lungo la dolce scarpinata, dentro una cortina di sensi vivi, ribolle il profumo selvatico d’alisso, di minestrella, come vapori di un’antica cucina. Nei segmentati vicoletti ci si affaccia all’intimità della comunità locale e all’odore di candido dei panni stesi ad asciugare. «Quello è il punto in cui viene lanciata una cometa tutta illuminata, dritta verso la cattedrale, la notte della vigilia, a mezzanotte in punto», rivela Domenico, fermandosi lungo la salita, all’ampio verone di una casa.






